Plastica e Alimenti: come evitare materiali tossici

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Tutti noi utilizziamo tupperwere per la conservazione dei cibi, ma solo pochi conoscono il “numero di codice del riciclaggio” dei nostri contenitori

Guardando con attenzione il  fondo dei recipienti si nota che c’è un numeretto: ebbene questo numeto corrisponde alla materia plastica di cui è costituito, se si legge un 3 o un 7 vuol dire che quella plastica contiene PVC (cloruro di polivinile), componente con effetti tossici sull’organismo perché contenete DEHA ( provoca diminuzione di peso e massa ossea, danni epatici e danni al sistema riproduttore, cancro e non solo è tossico se usato a contatto con alimenti ma lo è anche durante il suo ciclo produttivo e il suo smaltimento) .

Il n°7 invece accorpa una serie di plastiche diverse tra cui il policarbonato che contiene bisfenolo A ,solitamente abbreviato in BPA anche definito in ambito scientifico distruttore endocrino, è un mattone fondamentale nella sintesi di plastiche e additivi plastici ed i suoi derivati sono in commercio da più di 50 anni.

La potenziale vasta esposizione umana, la interazione con i recettori estrogeni ed il possibile rilascio negli alimenti da parte di recipienti, ad esempio, in policarbonato o sulla presenza del BPA in sigillanti dentali hanno motivato l’attenzione verso il BPA da parte della comunità scientifica e delle agenzie deputate alla valutazione del rischio. 
Nel 2006 la European Food Safety Authority (EFSA) ha valutato il BPA specificamente per il suo uso in materiali a contatto con gli alimenti concludendo che “gli studi sperimentali mostrano una chiara evidenza di effetti endocrini e consentono di definire una dose massima tollerabile giornaliera (TDI) di 0,05 mg/kg p.c.”; …”per contro la valutazione della possibile esposizione umana attraverso i materiali contatti con gli alimenti esclude un rischio significativo di eccedere la TDI.” nel frattempo però… “Nuove evidenze scientifiche accrescono la preoccupazione per gli effetti del controverso bisfenolo A (BPA): studi recenti hanno trovato nuove, inaspettate fonti di esposizione. Due recenti studi dimostrano come il BPA abbia un buon assorbimento cutaneo (1) e che le persone che maneggiano quotidianamente scontrini di carta termosensibile hanno livelli di BPA nelle loro urine maggiori della media (2). Inoltre i risultati ottenuti da uno studio su una numerosa coorte (circa 1500 partecipanti) indicano che la emivita del BPA potrebbe essere più lunga del previsto, probabilmente a causa delle continue e reiterate esposizioni attraverso le diverse fonti, alimentari e non, nonché ad una certa persistenza nei tessuti corporei (3).

Quello che si conosce inoltre è che nelle donne in gravidanza o allattamento il BPA passa attraverso il flusso sanguigno e arriva al bambino, inoltre ci sono svariati studi che dimostrano che la preoccupazione per il suo utilizzo è legittima. Il Canada ha messo al bando sin dal 2008 tutta la plastica contenente BPA. In Europa per il momento solo i biberon.

Sapendo che quotidianamente risultiamo esposti ad un numero inimmaginabile di sostanze chimiche di sintesi e quindi con effetti innaturali e controversi sul nostro organismo la domanda sorge spontanea: perché esporci anche a questi oggetti?

Ancora …. “Conoscete le plastiche che usate a contatto col vostro cibo?”

I numeri relativi alla codifica europea indicano rispettivamente:

1= PET polietilene tereftalato usato per bottiglie d’acqua, di bibite o flaconi per prodotti di bellezza;

2 = HDPE polietilene ad alta densità usato per vasetti di yogurt, flaconi di detersivo;

3 =PVC o V vinile o cloruro di polivinile usato per contenitori per alimenti;

4 = LDPE polietilene a bassa densità usato per sacchetti per cibi di surgelati e bottiglie squeeze;

5=PP polipropilene usato per bottigliette di ketchup

6=PS polistirolo

7 = tutte le altre plastiche tra cui il policarbonato e le resine epossidiche

le plastiche idonee alla conservazioni di cibi sono le numero 1,2,4 e 5.

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PRIMA LA PLASTICA O LA GALLINA?

E’ in un corso una ricerca che mira a trasformare il guscio delle uova in un materiale simile alla plastica

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L’idea alla base del progetto degli scienzati dell’ Università di Leicester ed alcuni esperti alimentari è quella di riciclare i gusci delle uova in un materiale molto simile alla plastica per poi poterlo utilizzare in nuove applicazioni come per esempio  in imballaggi, e perché no… come materiale da costruzione!   La ricerca è stata finanziata da iNet, un network che opera per l’innovazione di cibi e bevande; grazie alla somma di denaro che è stata elargita all’università, gli scienziati del dipartimento di chimica, specializzati in materiali sostenibili, stanno cercando di estrarre le proteine che si trovano all’interno del guscio dell’uovo, una ”estrazione” che potrebbe risultare utile anche al settore farmaceutico. Gli scienziati coinvolti nel progetto di ricerca sperano di riuscire a individuare il modo per impiegare questo innovativo materiale come riempitivo e rinforzante per varie tipologie di plastica, da quella per i vassoi per il cibo fino a quella impiegata nella costruzione di particolari attrezzature, oppure utilizzarlo nelle confezioni che proteggono i prodotti a base di uova. Il recupero e il riutilizzo dei rifiuti in modo sostenibile, lo ha ricordato il Prof. Andy Abbot dell’Università del Leicester, è alla base dell’intera attività di ricerca.